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NATURE IN PLAY



NATURE IN PLAY

Botto, Breuning, Bundurakis, Christto & Andrew, della Valle, Dorf, Kannisto, Marzorati, Pertoldeo, Signorini, Tilo & Toni

7 marzo - 10 luglio 2020

Nature in Play è la mostra collettiva inaugurata negli spazi di Metronom che espone opere di artisti che riflettono sulle possibilità di rappresentazione della natura e del paesaggio fornite dalla fotografia.

Con la leggerezza che è tipica del gioco, i lavori mostrano un rinnovato impulso della fotografia a osservare la natura, in un accostamento di riferimenti alla cultura pop e pure atmosfere. Depurato da ogni leziosità ed eccesso pittoresco, lo sguardo fotografico torna a occuparsi della bellezza naturale con un approccio inedito e meditato.

Se la nostra esperienza quotidiana si fonda su uno scambio continuo con le apparenze che ci circondano - siano esse familiari, o inaspettate - queste ci danno conferma della nostra esistenza: nel nostro essere osservatori abbiamo prova del nostro essere al mondo. Il nostro modo di guardare non è unico, ma muta a seconda di chi osserva, di dove e soprattutto di cosa osserva: sono allora i bambini che intuitivamente riescono a fare esperienza di diversi punti di osservazione della realtà perché hanno l'abitudine di calarsi in contesti totalmente diversi da quello in cui vivono. Questo si chiama gioco.

Dalla prima industrializzazione, l'uomo ha sempre avuto la tendenza a produrre una visione sentimentale della natura, commovente, vezzosa fino al punto che si può sostenere che l'origine del nostro modo di emozionarci davanti alla natura sia funzionale. Se è vero che ciò che una comunità trova bello in natura dipende da precise radici sociali, sembrano però esserci delle costanti che tutte le culture hanno trovato esteticamente piacevoli. Secondo il filosofo György Lukács infattiil paesaggio naturale rappresenta simbolicamente ciò che non è stato creato dall'uomo e può essere inteso come quell'aspetto dell'interiorità umana che è rimasto naturale, o che almeno tende o aspira a tornare naturale. Se è in questa parte più naturale che risiede il nostro "occhio del bello" allora lo sguardo si depura da ogni struttura di mediazione, costrutto culturale o obbligo sociale. 

Liberamente gli artisti scelgono il punto di osservazione da cui studiare il paesaggio e in maniera personale e diretta ci restituiscono un'immagine chiara di ciò che è - o non è - naturalmente bello.




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